Nel corso dei decenni un gran numero di persone non proprio preparatissime in materia si è interessata alla Todi Sotterranea. A causa della posizione abbastanza marginale in cui l’archeologia dei complessi ipogei spesso viene relegata nella usuale divisione dei campi di ricerca, alcuni personaggi sono riusciti a spacciarsi per grandi esperti del settore fabbricando e diffondendo un bel po’ di “balle sotterranee”. Scopo di questa pagina è combattere la disinformazione con l’ironia, smascherare le balle una per una ed utilizzarle come biomassa per produrre curiosità e buonumore.
Balla n. 1
5000 m. di gallerie
Nel volume “Todi e Umbria Sotterranea” (che sino ad oggi si è rivelato essere la principale fonte di balle) leggiamo che sotto la città di Todi esisterebbero gallerie per uno sviluppo complessivo di 4578 metri. Leggiamo ancora che la cifra è stata ricavata da un misterioso documento del 1858 che testimonierebbe come in quella data, tra cunicoli realizzati ex novo e cunicoli antichi restaurati, quello era lo sviluppo complessivo delle gallerie idrauliche conosciute. Viene detto anche che tale cifra non sarebbe più veritiera perché non terrebbe conto delle esplorazioni recenti. Forse proprio grazie a queste fantomatiche esplorazioni la cifra verrà ripresa in altre pubblicazioni arrotondata per eccesso, raggiungendo così i 5000 metri di cunicoli! Il dato per lungo tempo era riportato anche nel sito www.visitodi.eu gestito dal Comune di Todi (è stato rimosso solo in seguito alla pubblicazione di questo articolo).
Un lettore distratto si limiterebbe a prendere atto della cosa. Ma chi ha familiarità con l’argomento non può che rimanere sorpreso da tale affermazione, visto che, sommando gli sviluppi lineari di tutti i cunicoli conosciuti a Todi, considerando anche quelli più piccoli, non si superano i 3000 m complessivi. In pratica c’è una differenza di un chilometro e mezzo, due chilometri facendo cifra tonda con le dichiarate nuove esplorazioni che si dice essere escluse dal conto. Da dove spuntano questi due chilometri di gallerie?
Analizziamo la cosa. Del documento di cui si parla non viene fornita la collocazione, così nessuno può controllare quanto affermato. Però, quel documento l’abbiamo trovato lo stesso e ve lo mostriamo. Si tratta di uno specchio riassuntivo del progetto di due ingegneri pontifici: Zanardi e Castellini, realizzato appunto nel 1858. In pratica è un preventivo di spesa, non riguarda lavori già realizzati ma lavori che si prevedeva di realizzare in futuro se vi fosse stata la disponibilità economica. Per mostrare che le cose non andarono come previsto basterà, ricordare che soltanto tre anni più tardi si completò il processo di unificazione nazionale e che lo stato pontificio cessò di esistere.
Tutto questo sarebbe già grave, ma c’è di più. Per raggiungere la cifra riportata dai due autori è stato fatto quello che ogni maestra elementare insegna a non fare: “non si sommano le mele con le pere” dice la maestra. E invece, in questo caso, sono stati sommati “oggetti” diversi. La spesa preventivata per le gallerie che andavano costruite ex novo, infatti, non è espressa al metro lineare di cunicolo ma, come ancora oggi avviene in edilizia, al metro cubo di muratura. Metri cubi e metri lineari vengono sommati in un unico conto e voilà! Ecco che viene alla luce il fantomatico numero 4578 e lo sviluppo delle gallerie cittadine quasi raddoppia!
Balla n. 2
L’Ing. Poletti inventa le gallerie a sezione ellittica

Negli atti di un incontro, che ha avuto la presunzione di definirsi “convegno”, tenutosi a Todi nel 2015, si legge che esiste un metodo di realizzare gallerie sotterranee che porta il nome dell’illustre Ing. Luigi Poletti di Modena che lavorò a Todi alla realizzazione del muro di contenimento a sostegno del Tempio della Consolazione e alla bonifica delle frane nella contrada della Piana. Secondo il fantasioso autore, le gallerie costruite secondo il “Metodo Poletti” sarebbero quelle a sezione ellittica o ogivale facenti parte di interventi di restauro o di costruzione ex novo di tunnel avvenuti nel XIX sec. Poiché l’espressione è indicata tra virgolette se ne deduce che essa non sia una creazione dell’autore ma che essa vengo ripresa da un documento di qualche tipo. Però, come di consuetudine in un certo ambiente, le fonti utilizzate per giungere a tali convinzioni non sono dichiarate, quindi esse non possono essere identificate con sicurezza ma soltanto immaginate.
Poiché l’espressione “metodo Poletti” non compare negli archivi se ne deduce che essa derivi dall’altra espressione “sistema Poletti” che invece compare in un ristretto gruppo di documenti conosciuti e pubblicati da tempo. La precisazione non è peregrina poiché lo scostamento non è soltanto lessicale ma semantico, poiché i due termini che in alcuni casi sono sinonimi in altri assumono significati completamente diversi. In particolare la parola “metodo” indica esclusivamente un procedimento atto a garantire un particolare risultato, invece la parola “sistema” può anche indicare un insieme di elementi connessi tra loro in modo organico. Per esempio quando si parla di un sistema orografico non si intende una procedura di qualche tipo ma una catena montuosa, allo stesso modo il sistema velico di una nave, il sistema difensivo di una città, il sistema di irrigazione di un terremo sono realtà concrete tangibili e misurabili. Andando a leggere con attenzione i documenti succitati è facile comprendere che con l’espressione Sistema Poletti viene indicato uno specifico complesso ipogeo progettato appunto dal Poletti, e nel particolare quella griglia di pozzi drenanti paralleli e di gallerie su più livelli soltanto parzialmente realizzati a Todi, nel sito della Piana di fronte al Palazzo Pongelli Benedettoni, tra il 1843 e il 1847.
Chiarito che il “sistema Poletti” è un solido edificio in muratura e non un insieme di tecniche e procedimenti, rimane da comprendere cosa c’entrino le gallerie a sezione ellittica con l’ingegnere Modenese. Intrecciando i dati archivio con quelli topografici si giunge alla conclusione che nessuna delle gallerie realizzate a Todi dal Poletti presenta sezione ellittica. Il risultato della ricerca non sorprende affatto poiché, per quanto è dato sapere, non si conoscono nei territori dello Stato Pontificio gallerie realizzate in quegli anni con quella tecnica che costituisce una fondamentale innovazione la cui origine e diffusione possiamo seguire in maniera abbastanza puntuale.
Le prime gallerie a sezione ellittica o ovale vennero realizzate in Inghilterra alla fine de sec. XVIII: nel 1795 Mr. Stevens Totton, un ricco mercante facente parte del “Common Council of the City of London” si vantava di essere stato il primo a ad aver costruito fognature con il fondo curvo avente forma di un arco rovesciato. Il metodo tuttavia si diffuse soprattutto in età vittoriana ed è nota la disputa avvenuta nel 1842 ,tra John Roe addetto alle fognature della città di Holborn, e il suo equivalente londinese Richard Kelsey, relativamente a chi avesse il primato dell’invenzione di questo tipo di fognature. Nel 1838 l’innovazione arriva in Francia grazie ad un saggio dell’ingegnere Hippolyte Mougey intitolato “Notice sur les égouts de Londres, de Liverpool et d’Édimbourg” in cui osservava l’efficienza delle realizzazioni d’oltre manica e auspicava l’impiego della forma ellittica o ovale anche nelle fogne francesi. Tale metodo venne effettivamente utilizzato dall’ingegnere Eugéne Belgrand che nel 1850 progettò la moderna rete fognaria di Parigi.
In questi anni i venti di progresso che soffiavano in Europa faticavano a superare le Alpi perché nella penisola italiana divisa in piccoli stati non si erano ancora diffusi i concetti di popolo e di nazione. La necessità di avere una rete ferroviaria venne sentita come più urgente rispetto al dotarsi di sistemi fognari efficienti. Per questo motivo le gallerie a sezione ellittica arrivarono in Italia come una tecnologia all’inizio esclusivamente associata ai trafori ferroviari. Questo utilizzo è ampiamente attestato oltralpe, la sagoma ellittica infatti era molto resistente e ben si adattava al passaggio delle carrozze dei treni. Per esempio la galleria Ciampino della ferrovia Roma-Frascati realizzata nel 1848-56 da Papa pio IX utilizza questa sagoma.
Soltanto in epoca postunitaria le città si adattano agli standard europei aggiornando i vecchi ed inefficienti sistemi fognari. Nelle nuove fogne di Roma e Milano si fa ampio utilizzo di gallerie a sezione ogivale. Todi nel suo piccolo non è da meno e in questi anni troviamo realizzati ben quattro tratti gallerie di questo tipo: nelle Gallerie della fabbrica della Piana, nel nouvo percorso sotterraneo del Fosso Boccajone, nel cunicolo c.d. Superiore del Muro Etrusco e nel Cunicolo c.d. di Porta Libera. Quest’ultimo intervento è proprio quello attribuito al Poletti. Purtroppo per l’autore di questa castroneria, tutti e quattro gli interventi sono attribuibili con sicurezza grazie a documenti d’archivio all’Ing. Capo del Genio Civile Anselmo Petrini che li ha realizzati tra il 1869 e il 1872 (Poletti era morto a Milano all’età di 77 anni proprio nel 1867, a quanto ne sappiamo senza aver rimesso piede a Todi dopo il 1847).
Per fugare ogni dubbio trascriviamo un documento che fornisce una bella descrizione del tratto di galleria ellittica del c.d. cunicolo Superiore del Muro Etrusco: “Il primo tratto descritto nel rapporto settimanale oggi trovasi ricostruito in mattoni a due teste per una lunghezza di met. 3.50 con una sezione ellittica ad imitazione dei tunnel delle ferrovie avente una luce alta m 1,30 e larga nella massima curva m 0,90.” (ASPG, Genio Civile, Fabbricati dello Stato, b. 4, fasc. 5, Lettera del Direttore Locale dei Lavori Anselmo Petrini all’ Ing. Capo del Genio Civile, 21 marzo 1869).
Balla n. 3
Le cisterne di Fermo (MC) sono visitabili a Todi (PG)

L’ignoranza non è sempre una colpa: nessuno può conoscere tutto. Lo stesso Socrate superava in sapienza i saggi del suo tempo soltanto perché, a differenza loro, era cosciente di non sapere. Ci sono però aggravanti dell’ignoranza che sono imperdonabili come il non fare nulla per porvi rimedio per pigrizia o per leggerezza. Il primo posto nella classifica degli “ignoranti dolosi” spetta sicuramente a certi giornalisti che producono articoli su articoli in automatico, senza approfondire gli argomenti trattati. Tra gli esiti peggiori di questo modo di fare (dis)informazione possiamo annoverare anche la recidiva associazione di una bellissima foto della cisterna romana di Fermo (MC) a pezzi che invece parlano delle cisterne romane di Todi. La “bufala” è stata sconfessata diverse volte ma viene puntualmente riesumata da autori o da impaginatori che, ridenti e spensierati, fanno copia-incolla dagli articoli precedenti presenti in rete.
Non si sa chi abbia fatto il primo errore che poi si è moltiplicato in maniera virale. Sicuramente non è stata una negligenza del gestore del monumento, che è sempre stato particolarmente attento, e probabilmente nemmeno del Comune di Todi. Forse un po della colpa è imputabile anche alla foto, che a causa della sua bellezza risulta particolarmente attraente. Infatti, sono capitati altri utilizzi impropri della stessa immagine, che viene frequentemente impiegata anche per incarnare le cisterne romane di Amelia. A consolazione di chi è rimasto deluso per non aver trovato nella visita quello che si aspettava, si può notare come entrare sotto la Piazza di Todi per raggiungere le cisterne di Fermo sarebbe stata un’escursione davvero troppo lunga anche per speleologi esperti.